Marco D’Abbruzzi è un gran bravo e simpatico ragazzo che diventato un uomo assai brillante e creativo ha saputo volgere a proprio vantaggio ogni esperienza negativa subita da giovane.

E pertanto è un esempio sia da seguire che per merito del quale tanti altri giovani hanno trovato modi e ragioni per sperare e tramutare perfino gli incubi coi draghi più spaventosi in sogni meravigliosi che hanno trasformato in progetti concreti, vincenti e soprattutto costruttivi quanto edificanti, riscattandosi e affermandosi chi nel proprio lavoro e chi nella vita. Una cosetta…

Ci siamo piaciuti istintivamente fin da subito incontrandoci al Buk Romance, il Festival della letteratura romance di Roma, che giunto alla seconda edizione ha ospitato anche editori e autori di altri generi e che nel caso di Marco riguardavano il filone fantasy, assai apprezzato sia dai giovani che da noi adulti.

La sua storia personale e professionale è di quelle a lieto fine e di altrettanto più lieto proseguimento, nel corso della quale ha perfino fondato insieme alla compagna una casa editrice importante: “I.D.E.A.”, la giovane Claudia Cintio, che a sua volta è editor e per cui merito era già riuscito in precedenza a… inventarsi scrittore di romanzi di successo.

Te la racconto direttamente dalle sue parole che gentilmente ha condiviso con me e coi lettori di SPORT12.IT nel corso di una gran bella intervista.

MARCO D’ABBRUZZI:

Il mio primissimo esordio come scrittore risale al 2007, quando facendo ricorso a una casa editrice a pagamento pubblicai il mio primo romanzo che stampato in 200 copie riuscii a vendere totalmente e non soltanto ai miei parenti…

Incontrai infatti il gradimento dei lettori, rimanendo in qualche modo stupito del successo conseguito che mi diede molto entusiasmo a continuare a scrivere.

Feci poi il salto di qualità provando a spedire i miei testi a case editrici importanti, gettandomi quindi anima e cuore nella narrativa per ragazzi, nonostante la mia professione di allora, quella di pizzaiolo, mi teneva impegnato da mattino a sera.

E La svolta avvenne grazie alla possibilità di poter andare nelle scuole per presentare un libro per merito di un insegnante che lo avevo letto e apprezzato.

Un libro in cui raccontavo sia il tema del bullismo che avevo io stesso sofferto da ragazzino, che della difficoltà nelle relazioni e le interazioni che tale piaga sovrappone alle altre difficoltà legate all’età nella crescita e lo sviluppo sociale della maggior parte dei ragazzi.

Parlavo infatti d’amore, d’amicizia e soprattutto della perdita di un caro amico, l’unico che avevo e al quale ero molto legato.

Ma andiamo con ordine.

Fu quella un’esperienza drammatica che mi capitò a sedici annie o dura e difficile oltre misura sia da metabolizzare che da affrontare. Infatti mi venne a mancare oltre alla persona, colui che era riuscito a farmi uscire fuori dal guscio protettivo che mi ero letteralmente cucito addosso per far fronte alle difficoltà che vivevo e subivo quotidianamente, tanto da avermi fatto diventare introverso e molto impaurito quanto insicuro.

Ero un ragazzo bullizzato e come tale temevo innanzitutto il giudizio degli altri perchè sentendomi incompreso e male interpretato faticavo molto a parlare oltre che ad essere me stesso.

Lui era poco più grande di me ed era cresciuto in una grande periferia romana, il Laurentino 38, e invece di insultarmi e quant’altro così come mi succedeva mi ha aiutato a capire che non avevo nulla in meno degli altri nè gli altri qualcosa in più perchè ognuno di noi è quello che è.

E pertanto la sua morte fu letteralmente terrificante al punto che per tantissimi anni mi richiusi ancora di più in me stesso e la mia sola valvola di sfogo era la scrittura.

Principalmente scrivevo quello che sentivo, quindi sulla mancanza di affetto e sulla rabbia dovuta al mio senso di impotenza che mi derivava dalla causa della sua morte che è stata la droga: se ne era andato per una overdose.

Il mio modo di pensare e di rapportarmi con quell’evento era in fin dei conti quello tipico di un adolescente della seconda metà degli anni Novanta, nato e cresciuto in una famiglia borghese di un piccolo paese, a differenza sua che aveva avuto una vita difficile altrettanto tipica ma della periferia di una grande città, della capitale.

E quante volte mi sono confrontato col rammarico e la frustrazione degli “avrei potuto” e “avrei dovuto fare” non le ho nemmeno contate al pari delle domande le quali risposte rimanevano sospese nel mio animo e nella mia coscienza sempre più scosse.

Mi salvai da quelle pene e dalle altre attraverso il romanzo che ne scaturì, poiché mi tirò fuori tutto quell’universo interiore che diversamente non avrei potuto esprimere, ma nemmeno osservare fuoriuscendo da me e in qualche modo riconoscendomi nelle pagine che riempivo di emozioni che finalmente e direi fatalmente liberai, liberandomene a mia volta.

Il romanzo si intitolava: “CATTIVI RAGAZZI” ed è stato quello che andai a presentare nelle scuole del mio circondario.

Dopo di che, in forza del successo ottenuto ho iniziato a scrivere la mia prima saga, il cui genere era il fantasy, sebbene non lo trattavo in modo canonico, preferendogli una miscellanea tra la fantasia e la fantascienza, ossia il tipo di racconto che avrei io stesso voluto leggere.

Li suddivisi in sette volumi e fu in quel periodo che conobbi Claudia, la editor che mi aiutò sia a realizzare il terzo che a promuovere il mio lavoro in ambiti letterari, sia presso i grandi editori che negli eventi fieristici organizzati sul tema.

E quell’incontro fu un successo prodigo degli altri che ne conseguirono.

Fu per merito suo che mi addentrai nell’industria dell’editoria che fino ad allora era stato un mondo a me ignoto. Anche perché come ho già detto in quel periodo scrivevo e basta.

E poiché nei miei racconti mettevo dentro anche la mia visione concreta che mi derivava anche dalle esperienze risalenti a quando mi ero addentrato nella politica col fine etico che al tempo mi era proprio, ossia per “cambiare il mondo”, mi confrontai con case editrici importanti che però mi chiedevano talmente tante modifiche che di fatto avrebbero stravolto sia i miei racconti che il loro senso implicito, quello che volevo diffondere coi miei libri.

Al che presi la decisione più determinante sia per la mia carriera di autore che per quella nuova alla quale insieme a Claudia mi imbarcai.

E nel 2016, dopo due anni di nostri studi del sistema editoriale, decidemmo di mettere in piedi un progetto editoriale vero e proprio col quale ci presentammo al Romix, dove con i miei libri ottenemmo un successo clamoroso dal quale nacque “I.D.E.A.” la nostra casa editoriale, il quale acronimo significa: “IMMAGINA DI ESSERE ALTRO“.

Dopo di che stabilimmo e puntellammo la programmazione futura che nel tempo prevedeva il coinvolgimento anche di altri autori soprattutto esordienti.

E la prima fu una scrittrice che ci propose un dark fantasy.

E da allora, non ci siamo più fermati. La nostra caratterizzazione proviene dalle mie esperienze precedenti sia in positivo che in negativo, e derivano dalla scelta imprenditoriale di evitare di fare editoria a pagamento: una cosa che conoscevo bene.

E poiché la fortuna aiuta gli audaci e attira quasi sempre altra fortuna a premiare la qualità e la passione che si mettono sul lavoro, o almeno dovrebbero, nel breve ma assai inteso lasso di tempo trascorso dal primissimo Romix si rivolsero a noi oltre agli autori diversi professionisti tra grafici, pubblicitari e fumettisti che oggi sono i componenti di una sorta di famiglia non allargata, ma molto unita e stra felice sia di lavorare, che di dare spazio alle speranze e ai talenti che anche incentiviamo a migliorare facendogli fare esperienza e noi facendola altrettanto con loro, insieme a loro.

Unico problema che abbiamo avuto è stata la pandemia, ma comunque le siamo sopravvissuti riducendo al minimo le perdite e massimizzando le opportunità derivanti. E infatti in quel periodo, soprattutto durante il lockdown ci siamo specializzati nei social network e fidelizzando i nostri lettori sono stati loro stessi ad averci sia salvati che fornito gli entusiasmi, oltre a nuove idee e contatti che ritengo essere stati fondamentali per mettere in piedi un sistema virtuoso per tutti, Ivi compreso a vantaggio della qualità dei nostri libri che a vantaggio dei nostri autori, i quali sanno bene di potersi considerare sia in qualche modo formati, che liberi di volare con le proprie ali, puntando altissimo.

Del resto quale maggior gioia e soddisfazione per me, per noi di un nostro autore che magari un giorno sarà pubblicato da case editrici internazionali, arrivando perfino a vincere premi ambiti e importanti?”

Grazie Marco, parole sacrosante le tue con le quali l’intervista non poteva avere miglior finale per rendere il senso del vostro lavoro prezioso e della nobiltà che lo accompagna e illumina!

Che dire oltre a un grazie sincero e di cuore per esserti aperto e raccontato con tanta umanità e sensibilità, empatia e gioia?

Ah, si, che I.D.E.A. non è stata soltanto una grande… idea, ma che per me e tutti noi scrittori e autori, oltre a lettori equivale a una sorta di Camelot, un regno incantato redivivo nel quale è stato un piacere oltre a un privilegio assoluto essermi affacciato, avendo beneficiato di cotanto… incanto unito alla tua, alla vostra grazia e cortesia.

Grazie sul serio e che ogni bene e successo ti e vi aprano le braccia sempre, accogliendovi come indubbiamente meritate e sono certo continuerete indubbiamente a meritarvi.

Ad maiora grande uomo!

STEFANO LESTI


IL LINK DELLA CASA EDITRICE I.D.E.A.
WWW.IMMAGINADIESSEREALTRO.IT

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(RINGRAZIO #EDITREAL E MICHELA TANFOGLIO, CEO DELL’OMONIMA AGENZIA LETTERARIA CON SEDE IN TORINO, RITRATTA NELL’IMMAGINE ACCANTO A MARCO D’ABBRUZZI PER AVERMI GENTILMENTE CONCESSO L’UTILIZZO DELLA LORO BELLISSIMA FOTOGRAFIA)

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