Il portiere: un ruolo a parte
Essere portiere non è solo una questione tecnica. È una scelta di identità. Chi va in porta sa che ogni intervento può salvare la squadra o costarle la partita. È il ruolo più esposto, spesso il più solitario. Eppure, è anche il più nobile: l’ultimo baluardo.

Le sfide mentali del numero 1
Nel calcio giovanile, il portiere affronta una pressione unica:
– Deve restare concentrato anche quando l’azione è lontana.
– Spesso è giudicato per un singolo errore.
– Deve saper ricominciare subito dopo una rete subita.
– Non ha “il gruppo” intorno a sé come i giocatori di movimento.

Per questo, allenare la resilienza mentale del portiere è fondamentale. Un ragazzo che impara a non abbattersi dopo una sconfitta in porta, impara una lezione che gli servirà nella vita.

Come si allena la mente di un portiere
Allenatori e genitori possono fare molto:
– Valorizzare le decisioni coraggiose, anche quando non portano al risultato sperato.
– Lavorare su concentrazione e autocontrollo con esercizi mirati.
– Aiutare il portiere a gestire le emozioni, senza vergogna o rabbia.
– Insegnargli che l’errore è parte del ruolo, non un fallimento.

Esempi e storie: l’ispirazione è fondamentale
I giovani portieri hanno bisogno di modelli: Buffon, Neuer, Donnarumma, ma anche portieri delle giovanili locali. Raccontare le loro cadute e risalite, le sfide vinte e le paure affrontate li aiuta a sentirsi meno soli, più forti, più umani.

Conclusione: educare alla responsabilità
Mettere i guanti non è solo un gesto sportivo. È un atto di coraggio. Chi sta in porta si assume la responsabilità di proteggere, di cadere, di rialzarsi. Insegnare questo ai giovani portieri è una missione educativa straordinaria. La mente del numero 1 va curata con rispetto, pazienza e passione. Perché chi difende la porta oggi, domani potrebbe difendere i propri sogni con la stessa determinazione.

Giuseppe Sesto

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