Thailandia, luglio 2018. Finalmente da ieri si può dichiarare conclusa l’odissea dei giovanissimi calciatori rimasti prigionieri dal 23 giugno scorso nella grotta di Tham Luan Nang Non nella provincia del Chiang Rai, vicino al confine con la Birmania e il Laos.

Ottocento tra militari thailandesi e statunitensi, oltre a speleologi britannici erano forniti di più di 40 pompe per rimuovere fango e acqua dalla grotta, e con il supporto di ingegneri, tecnici e macchinari sofisticatissimi hanno compiuto una impresa vera e propria, comunque pagata caramente al prezzo di una vita umana, quella di Saman Gunan, il subacqueo della marina thailandese perito durante i primi giorni per liberare i piccoli “cinghiali” e il loro allenatore.

Un allenatore appena 25enne che ha potuto riconsegnare ogni ragazzino alla propria famiglia e ora rischia di essere incriminato per “aver generato una situazione di pericolo per sé, per i ragazzi e per i soccorritori”.

Tuttavia i familiari dei ragazzi lo avevano già perdonato durante l’operazione di salvataggio con una lettera:

Per favore, non incolpare te stesso. Non siamo affatto arrabbiati con te. Prenditi cura di te stesso. Non dimenticare di coprirti con coperte perché il tempo è freddo. Siamo preoccupati, uscirai presto. Vogliamo che tu sappia che nessun genitore è arrabbiato con te, quindi non ti preoccupare di questo

Era stato lo stesso allenatore Ekkapol Chantawong a inviare loro per primo un accorato messaggio di scuse:

Voglio scusarmi con i genitori, in questo momento tutti i bambini stanno bene, i soccorritori si stanno prendendo cura di me e prometto che io mi prenderò cura dei bambini nel miglior modo possibile”, ha scritto. “Grazie per tutto il supporto che ci state offrendo”.

Quanto ai motivi per cui tale tragedia per fortuna sventata sia potuta accadere non ė dato di sapere: c’è chi sostiene la teoria del training autogeno, di una sorta di innocente rito di preparazione mentale e spirituale atto a formare il carattere degli atleti, e chi di un tentativo da parte dei ragazzi di mettersi in riparo dalla pioggia.

Io voglio pensare che fatto sta che uno sportivo sappia come affrontare la vita in qualunque situazione, imparando a non perdersi d’animo e a superare i propri limiti entrando in competizione con gli eventi non dico per dominarli completamente, ma senza meno per subire meno danni possibile e fare tesoro di ogni esperienza e sopratutto di ogni caduta da cui sa bene prontamente rialzarsi.

Uno sportivo conosce l’importanza dello spirito di gruppo e di squadra che prevale sul singolo individuo posto come ingranaggio all’interno di un sistema virtuoso e dinamico in cui ciascuno riveste un ruolo fondamentale importante o marginale che fosse.

Sarebbe assai importante quanto educativo andare in Thailandia per sentire parlare direttamente i protagonisti, sai che sceneggiatura meravigliosa ne verrebbe fuori?

Di quelle a lieto fine tanto importanti e in grado di cambiarti addirittura la vita in meglio quasi al pari di parlare con un filosofo, un poeta o uno scrittore: altro che film sui criminali e sui soldatini che si sparano addosso e i cinepanettoni.. Altro che Harry Potter e le fiction televisive di questa ceppa! SL

 

 

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