In questi giorni surreali stiamo riscoprendo il valore delle cose semplici, delle reali necessità e di contro, dei disvalori rappresentati da tutto ciò che è in più e non occorre per vivere. In poche parole ci stiamo confrontando con noi stessi e con le nostre esigenze primarie siano esse materiali che spirituali e meditiamo e contempliamo.
Un po’ come quando capiamo l’importanza essenziale di un solo dito sia nel contesto della nostra mano che in relazione all’intero corpo solo quando si frattura, molti di noi sentono la mancanza delle cose soltanto quando le hanno perdute temporaneamente o per sempre.
In questi giorni stiamo vivendo certo una crisi pesante ma contestualmente anche un’opportunità dovuta dallo stare comprendendo l’importanza o meno dei nostri affetti e parenti, dei nostri amici e dei conoscenti, del negoziante sotto casa e di quattro chiacchiere al bar, del nostro lavoro e dei nostri passatempi preferiti.
E ci rendiamo perfettamente conto che la virtualità tanto in voga nell’era di internet non può nè mai potrà sostituire i rapporti umani concreti fatti di abbracci e saluti, del guardarsi negli occhi e nell’ascoltare le parole dell’altro con le orecchie e non per iscritto su whatsapp o al telefono.
Un tempo sì duro, ma anche santo se vogliamo che ci sta dando l’opportunità di fermarci a riflettere e a pensare, a riconsiderare le priorità e di attribuire il giusto valore a ogni cosa, come ad esempio alle arti praticate o godute al pari dell’attività sportiva sia praticata all’aria aperta che guardata in tivvù o direttamente negli stadi e nei palazzetti.
In questi giorni ci stiamo occupando finalmente di noi stessi, ci stiamo un po’ tutti guardando allo specchio e non sempre quel che vediamo corrisponde a quello che magari da ragazzi volevamo essere e diventare o ci eravamo illusi di essere: in questi tempi non c’è spazio alcuno per mentire a noi stessi e nemmeno per le cose vane.
In questi tempi di isolamento volontario o coatto che sia, stiamo tracciando il punto della nostra vita e con tutta probabilità, molti di noi, dopo un’accurata introspezione, potranno potenzialmente reindirizzarla su sentieri magari migliori di prima. 
A oggi e per almeno un altro mesetto, chi non lo ha mai fatto prima si trova costretto a organizzare il proprio tempo libero all’interno di una nuova, rivoluzionaria quotidianità: dallo studio in casa per i giovani a lavoro via web stiamo scoprendo cose che di norma ci erano fino ad oggi ignote.
Infine, quanti grandi santi, ad esempio, sono stati costretti a fare altrettanto e sono diventati tali dopo periodi trascorsi chi in prigione, come san Francesco di Assisi, e chi chiudendosi volontariamente in una grotta, san Benedetto da Norcia, auto emarginandosi e uscendone in seguito purificati e rinnovati del corpo, lo spirito e soprattutto nella mente? 
Gli stessi Gesù, nostro Signore, il profeta Giovanni Battista, oltre a Mosè, patriarca di Israele e san Paolo, l’apostolo dei gentili, hanno fortificato la propria fede soltanto dopo aver sopportato le privazioni dovute alla permanenza temporanea del deserto, così come avvenuto per “quarant’anni” agli israeliti, dopo essere stati liberati dalla schiavitù in Egitto dal Signore e grazie al Dio unico hanno attraversato il Mar Rosso, che idealmente rappresenta un po’ come la nostra odierna prigionia la frontiera tra la schiavitù e la libertà. 

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