È caldo africano quello che ha tormentato il primo venerdì di uno strano Agosto e il nuovo giorno appena nato, annuncia un sabato di intensa calura. 

Carlotta trascorre le ore notturne in una discoteca all’aperto, habitué di giovani che come lei amano ballare sulle note del rock. È accompagnata dalle solite amiche e non passa inosservata nel grande giardino del locale, circondato da siepi ben curate che fungono da separé fra gli spazi in cui sono stati collocati alcuni divanetti e i tavolini pieni di calici ormai vuoti.

Carlotta per l’ occasione ha vestito il superbo corpo con un semplice tubino nero la cui scollatura evidenzia il generoso seno mentre la cintura segna la sottile vita. Ha i tacchi alti e volteggia su di essi con padronanza, rubando la scena alle altre. 

Carlotta è una stupenda venticinquenne. È consapevole del dono ricevuto e con innata sicurezza sfoggia  con alterigia la sua bellezza. Sposta dalla fronte i lunghi e ondulati capelli corvini e con convinta civetteria, rende lo sguardo dalle sfumature verdi dei grandi occhi, ancora più accattivante.

La notte è magica, soprattutto quelle di Agosto che invitano all’allegria di cui ama godere anche Carlotta e fino al sopraggiungere dell’alba, balla al suono del ritmo sfrenato.

Ancora brilla, per i cocktail consumati, fa rientro in casa con le scarpe in mano. I tacchi a spillo sveglierebbero la piccola Alice . È stanca e assonnata e non ha nessuna intenzione di sentire i soliti sermoni della madre, sempre preoccupata ad aspettare il rientro della figlia.

Entra in casa in punta di piedi facendosi luce con la torcia del telefono.  

Si spoglia in camera e frettolosamente si sdraia a letto per risvegliarsi poco prima di mezzogiorno non avvertendo alcun rumore in casa. Incomprensibilmente nessun aroma proviene dalla cucina, nessuno schiamazzo fatto da Alice e non intuisce il motivo dello strano silenzio. Normalmente a quell’ora  Alice pranza, dove saranno finite? Sì chiede non ancora in grado di connettersi con la realtà.

Ha mal di testa e si avvia in cucina per preparare un energico caffè.

Sul tavolo nota un biglietto scritto con un pennarello nero dalla punta grossa e lo legge : “Ti ho cercato tutta la notte ma hai il cellulare spento. Corri in ospedale sto andando lì con Alice, sta molto male! ” 

Carlotta trasale al messaggio, corre in camera e afferra il telefono ancora spento. 

I messaggi in arrivo sono tanti così come gli avvisi di chiamate e sempre provenienti dal cellulare della madre. Carlotta è preoccupata e la richiama. Viene sgridata dalla donna a suon di ragione e criticata di essere incosciente e irresponsabile.

Alice è in sala operatoria.

Carlotta alla notizia, infila un paio di jeans e la prima maglietta appoggiata sulla spalliera della sedia, calza le sneakers e con il cuore in gola, corre in auto verso l’ospedale.

Alice è ancora sotto i ferri.

Carlotta ascolta l’accaduto e avverte un senso di colpa agghiacciante nel sentire le accuse della madre per essersi concessa di uscire sapendo che la figlia, già nel primo pomeriggio, manifestava intensi malesseri.

Sì, Alice è il frutto di una serata trascorsa otto anni prima con un ragazzotto appena conosciuto, più grande di lei, belloccio e dallo sguardo accattivante. L’uomo non si accontenta dei soli baci innocenti e all’ingenuità della sedicenne, estorce l’appagamento del piacere sessuale come la conclusione di una frivola serata a cui Carlotta acconsente per disubbidire a ciò che da sempre le sta stretto: le regole e i divieti imposte dalla sua giovane età e dalla madre. 

Ha appena compiuto diciassette anni quando partorisce una tenera bambina che vuole tenere con sè pur sapendo di non conoscere neanche il nome del padre. Presuntuosamente pensa di poter essere una madre diversa da quella che ha lei.

In realtà in quella famiglia la donna caparbia e coraggiosa è sempre stata la madre di Carlotta a cui la figlia non ha mai attribuito i meriti, almeno fino a quel giorno.

Carlotta è dunque irrequieta e cammina silenziosa lungo il perimetro della sala in attesa di notizie. Sfugge allo sguardo indignato e inquisitorio della madre ma non al senso di colpa. 

Alice era stata condotta dalla nonna in pronto soccorso con la febbre e i dolori lancinanti al fianco per una peritonite in corso, mentre lei si concedeva al piacere del divertimento con gli amici a bere e a fumare “erba” con loro.

Era consuetudine lasciare Alice alle cure amorevoli della nonna perché Carlotta non era in grado di vivere pienamente il ruolo consapevole di genitore e aveva preferito delegare la crescita di Alice all’esperienza della madre. Era stata premurosa con la figlia solo i primi mesi  e l’aveva accudita come fosse stato un bel  “giocattolo”. 

Ben presto però, si rende conto dell’enorme responsabilità verso cui non sembra disponibile.

L’impegno e le attenzioni necessarie per crescere la figlia limiterebbero notevolmente il suo coraggio, poco consono a lasciare il ruolo di figlia capricciosa, per assumere quello più importante di madre responsabile e innaturalmente decide di staccarsi da Alice, chiudendosi in una sorta di menefreghismo.

La bambina smette persino di cercarla ed è quasi infastidita quando viene presa in giro da Carlotta poiché vuole dormire con la nonna che Alice identifica come l’unica madre. 

Carlotta ritorna a frequentare la scuola e anche gli amici, soprattutto nei pomeriggi dopo le lezioni, con lo scusa dello studio, atteggiandosi come se la creatura fosse la sorella più piccola e non la figlia. 

Carlotta non è ancora disposta a scambiare i ruoli e non accetta l’idea di sentirsi “diversa” dalle altre coetanee dedite al divertimento e allo shopping.

Riesce a diplomarsi e si iscrive all’università ma poi abbanda in favore di un modesto impiego, affidando alla madre il fardello del quotidiano sempre più pesante. La donna infatti oltre a svolgere  la sua professione con lo zelo di sempre, allo stesso tempo accudisce Alice come fosse sua figlia oltre Carlotta sempre più assente e ribelle.

La piccola intanto cresce circondata dalle attenzioni amorevoli della nonna e a lei si rivolge chiamandola “mamma” mentre Carlotta sente persino sollievo nel non subire quel “pesante” e prematuro appellativo, fino a quando il medico entra in sala per avvertire le donne che la bambina si è svegliata dall’anestesia, l’intervento è andato bene e adesso chiede di avere la madre vicino. 

Sì alzano entrambe e il medico non comprende.

Carlotta sì, e sommessamente chiede alla madre di raggiungere Alice per poi sprofondare sulla seggiola e finalmente piangere.

In quel momento tutte le emozioni che aveva accantonato nel suo intimo, in favore di una spietata superficialità, a malincuore vengono a galla, Carlotta comprende di aver fallito come madre e come figlia.

Sente di non valere nulla e continua a lacrimare in silenzio.

Aveva dato alla genitrice un fardello enorme, lei che da anni lottava con il suo. Vedova ancora giovane, aveva accudito Carlotta con grande amore assumendosi improvvisamente anche il ruolo del genitore scomparso. La donna lavorava duramente per non farle mancare nulla illudendosi così di lenire alla figlia l’assenza del padre. 

Persino il dolore per la vedovanza di un marito tanto amato era stato volutamente soffocato per non rattristare maggiormente la figlia e a lei aveva dato tutte le attenzioni richieste e mai apprezzate da Carlotta che crescendo aveva trasformato i capricci in pretese e le ribellioni erano diventati pesanti danni. 

Vittima della sola cura per la bellezza esteriore, Carlotta aveva enfatizzato la realtà appagando il solo corpo e le proprie esigenze e mai si era concentrata sulle emozioni, quelle che da sempre sfuggiva in favore della banalità e della superficialità in cui preferiva sguazzare per non doversi giudicare.

A nulla erano servite le polemiche della madre, sempre più esausta e avvilita dal comportamento irresponsabile della sua unica figlia.

In occasione del malessere improvviso di Alice anche lei accettò di mettersi in discussione e quel giorno decise infatti che entro breve non si sarebbe mai più occupata della nipote e neanche della figlia che invece avrebbe dovuto imparare a crescere responsabile. E stavolta manifestò determinazione. 

Carlotta nel sentire le minacce della madre pensò in lacrime cosa sarebbe accaduto in cuore suo se avesse perso l’amore della sua bambina e anche l’aiuto prezioso della genitrice. 

Sì torturò immedesimandosi nel rifiuto della figlia per non averla voluta accanto. Rivolse il pensiero ad Alice e a cosa avesse interiorizzato in tutti quegli anni non scorgendo mai la sua mamma ad attenderla fuori dal cancello della scuola e mai con lei ai giardini a vederla giocare con gli altri bambini.

Carlotta per la figlia non aveva mai tempo e per farsi ancora del male rievocò l’episodio della varicella.

Noncurante dei sintomi della piccola, aveva scelto di andare in vacanza con il fidanzato di turno lasciando Alice, come accadeva ogni estate, alla madre. Eventi che lei aveva vissuto ma era stata felice nell’ incrociare il sorriso rassicurante della madre mentre Alice aveva solo la nonna.

La bambina non menzionava mai la sua vera madre e mai cercava le sue braccia, neanche per le comunicazioni scolastiche si rifaceva a lei e donava alla nonna il lavoretto fatto a scuola per la festa della mamma. Carlotta durante quegli episodi non sembrava soffrire. Era dunque arida?

Pensò al genitore scomparso e comprese di non aver mai elaborato quel doloroso lutto lo aveva semplicemente accantonato per dedicarsi ai futili motivi che la conducevano a eludere una realtà dolorosa e troppo silenziosa, soprattutto la sera quando a tavola mancava il coperto del padre. 

Aveva concentrato tutte le sue emozioni sull’ aspetto fisico, le goliardate da vivere con gli amici e i fidanzati del momento. 

Il non rispettare le regole imposte dalla madre era poi diventato quasi un dispetto alla vita e alla genitrice, impossessatasi anche del ruolo del padre, l’uomo che amava e non aveva mai più rivisto dopo l’ultimo bacio ricevuto sulla fronte, davanti al portone della scuola.

Carlotta passò a rassegna la sua breve vita e per la prima volta si rese conto di essere stata dominata dell’egoismo e dall’ egocentrismo e provò pena per lei stessa e per essere stata rifiutata dalla figlia, ammettendo di averlo meritato.

Anche Alice stava crescendo senza la figura paterna, lei non avrebbe avuto mai memoria dell’amore di un padre e neanche di un suo bacio. 

Carlotta aveva “giocato” con la sua vita e quella di un esserino innocente che altresì avrebbe potuto dare in affidamento e invece non era stata in grado né di amare né di crescere,  nonostante la disponibilità della madre che non aveva mai consolato con sguardi amorevoli per il dolore inflitto dalla vita, concentrata com’era solo su sé stessa e le sue infinite sciocchezze. 

Spendeva i pochi soldi guadagnati in abiti e scarpe e non comprava mai un giocattolo alla figlia, mai una sorpresa e mai vegliava su lei se stava male. Quando andava via per i lunghi finesettima, appagava il latente ruolo di madre limitandosi a una banale telefonata a cui Alice non sempre voleva rispondere.

Carlotta aveva delegato alla madre ogni compito, persino quello dell’amore materno che lei non sentiva di avere, almeno non fino a quell’ istante. 

Umiliata dal rifiuto di Alice pianse tutta la sua disperazione, provò vergogna per la superficialità dimostrata e con cui aveva agito e si defini’ una stupida. 

Quell’episodio le restituì la consapevolezza del tempo e la paura di perderne altro in futili episodi per poi rimpiangerlo,  la condusse alla riflessione immediata di porre fine a una esistenza sbandata, priva di progettazione e scarsa di sentimenti quelli che altresì avrebbe dovuto coltivare con amore e a cui era sfuggita per paura.  

Doveva fare qualcosa perché era ancora in tempo! 

Si è sempre in tempo quando si decide di attuare i cambiamenti necessari alla maturazione della propria essenza, quella vera che non invecchia e non imbruttisce mai, se solo si è capaci di perdere la paura e di affrontare la vita e gli inaspettati eventi con determinazione e coraggio.

La doppia faccia dell’egoismo, appaga inizialmente per distruggere e alienare in seguito alla rassegnazione di non sapere amare.

Carlotta ha trent’anni anni e da allora si è assunta tutte le responsabilità di madre. Non frequenta più le discoteche perché preferisce andare al cinema e a teatro con Alice. 

Ha aperto una boutique nel centro storico della città e vive da sola con la figlia in un grazioso appartamento, ha persino imparato a cucinare.

La madre va spesso a trovarle e gode del solo ruolo di nonna mentre Carlotta sta imparando a fare la mamma e con l’amore di Alice… cresce ogni giorno di più!

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