Ancora una vittima di femminicidio, questa volta il terribile episodio è avvenuto ad Acitrezza nel catanese. Una giovane ragazza di soli ventisei anni è stata assassinata dal suo carnefice.

Dunque, ancora una volta una vita spezzata dalla presunzione di definire “amore” ciò che in realtà è il voler  possedere l’altro.

Uomini non in grado di accettare il rifiuto della donna poiché privi di autostima e colmi di arrogante violenza distruttiva.

I pensieri malati nascono dalle latenti fragilità emotive mai educate  e inducono il soggetto all’incapacità di affrontare il rifiuto dell’altro, poiché inteso come “offesa” da combattere persino con il sangue.

Uomini capaci di “amare” la violenza più della morale e persino di se stessi.  Dediti alla sola apparenza e al narcisismo congenito. Malati di volontà distruttiva e preda della rabbia scatenata dall’assenza del rispetto per il pensiero dell’altro.

Amanti dei monologhi e mai del  dialogo costruttivo, privilegiano la sete di esibire la propria  “femmina” posseduta. Devoti allergici alle regole civili e persino umane!

Uomini deboli e frustrati, incapaci di intendere il confronto con l’altro per ciò che dovrebbe essere, ossia una crescita per migliorare la propria essenza.

Capaci di ammazzare anziché “lavorare” sui propri difetti e risolvere le criticità caratteriali, inadeguati come sono persino ad ammetterli!

Uomini semplicemente falliti, vittime della gelosia distruttiva e incapaci di reggere il confronto con chi “uomo” lo è davvero!

L’attuale legge contro la violenza di genere, dovrebbe essere urgentemente rielaborata e resa più incisiva fin dalla prima denuncia della vittima, lasciata altresì ad attendere l’agonia di una morte annunciata.

È inutile fare campagne pubblicitarie invitando le vittime a denunciare le molestie subite se poi i provvedimenti adottati rimangono blandi e permettono ciò a cui stiamo assistendo.

La tutela della vittima dovrebbe essere prioritaria con l’immediata e obbligatoria disposizione delle cure adeguate verso il soggetto malato(poiché di patologia si tratta) pertanto, allontanato fin dalla prima denuncia e collocato presso una comunità o comunque un luogo idoneo, privato della libertà fino alla completa “remissione”.

E infine non smettiamo mai di educare i bambini, tutti, al rispetto per l’altro e soprattutto a intendere il “rifiuto” subito, non come una penalizzazione o una punizione, bensì come l’ opportunità per una crescita migliore, utile a raggiungere maggiore stima di sé.

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