Con il D.Lgs. 28 febbraio 2021, n.36 e ss.mm.ii.il rapporto di lavoro in ambito dilettantistico viene disciplinato e configuratoqualelavoro autonomo; viene, altresì, prevista la possibilità di ricorrere, nel medesimo ambito ed al verificarsi di determinati presupposti, alla collaborazione coordinata e continuativa.

Nello specifico, il legislatore della riforma, in aggiunta al rapporto di lavoro subordinato sportivo, ha individuato nel lavoro autonomo la forma tipica di estrinsecazione delle prestazioni lavorative sportive; ciò significa che il prestatore (istruttore, allenatore, preparatore atletico, ecc.)esercita per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro in ambito sportivo, con la conseguenza che lo stesso dovrà aprire partita iva e iscriversi alla gestione separata Inps.

Si tratta dell’evoluzione naturale di un percorso di riconoscimento della figura del lavoratore sportivo connesso e conseguente alla riforma; ed è, in buona sostanza,il primo passo(decisivo) per assicurare copertura previdenziale a questa categoria di lavoratoriche, fino a poco tempo fa, non era neppure considerata tale nel contesto giuslavoristico.

E’ evidente che ciò comporta un onere fiscale e contributivo a carico del lavoratore sportivo alla stregua di ogni altro lavoratore autonomo

Come anticipato in apertura, il citato D.Lgs. 36/2021 contempla, nell’ambito del lavoro sportivo dilettantistico, anche la fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa, al ricorso dei seguenti presupposti nei confronti del medesimo committente:

  1. la durata delle prestazioni oggetto del contratto non superi le diciotto ore settimanali;
  2. le prestazioni oggetto del contratto risultino coordinate sotto il profilo tecnico- sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva.

La previsione di una figura intermedia tra il lavoratore sportivo subordinato e il lavoratore sportivo autonomo, pur essendo frutto di un compromesso tra le varie componenti, potrebbe comunque generare false aspettative circa la sua concreta applicazione; ciò perché l’onere contributivo a carico del committente (ente sportivo) si avvicina al 18% della base imponibile previdenziale, determinando così un costo non facilmente sostenibile da parte dei piccoli enti sportivi.

Alla luce di tali considerazioni si ritiene che, ove si intenda mantenere questa impostazione legislativa sulla collaborazione coordinata e continuativa in ambito sportivo, sarebbe forse opportuno prevederne l’applicazione unicamenteper gli enti sportivi che hanno un valore della produzione (e/o un certo numero di tesserati) in grado di sopportare economicamente i maggiori oneri derivanti dall’attuazione di questa parte della riforma del lavoro sportivo.

Roma, 14 marzo 2023

Dott. Luca Scarpa

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