A circa 120 km da Roma, in provincia di Frosinone, nel comune di Collepardo, si trova questo complesso dei monaci certosini a 850 mt s.l.m., immerso in un bosco di querce nella cosiddetta Selva d’Ecio, alle falde del Monte Rotonaria.
Qui domina la pace, il silenzio interrotto dal cinguettio degli uccelli, in perfetta concordanza con la clausura dei monaci.
La scritta sul citofono della Certosa: Citofonare con dolcezza, attendere con pazienza” racchiude in sé il senso ed il messaggio di questo luogo.
La Certosa è una delle 23 presenti in Italia ed il nome deriva dal latino Tres Saltibus, come veniva chiamato il Castello di Colonna, andato distrutto, che dominava i tre valichi verso l’Abruzzo, Roma e l’area meridionale dello Stato della Chiesa.
Fu Papa Innocenzo III ad assegnare ai frati certosini (oggi ne vediamo qui 2-3) la primitiva abbazia fondata da S. Domenico a Sora prima dell’anno 1000. Nel 1204 venne costruita la nuova attuale certosa in un luogo meno impervio dove al centro del complesso venne costruita la Chiesa dedicata a San Bartolomeo consacrata nel 1211.
Appena entrati troverete, dopo essere passati sotto il portale sormontato da un busto di San Bartolomeo, sulla destra un vialetto che vi condurrà alla terrazza della pescheria che affaccia su un laghetto alimentato da un corso d’acqua che arriva dalla montagna.
Scendendo sulla sinistra attraverso una porta verrete accolti da un giardino all’ italiana sto ai due lati del vialetto, con siepi di bosso che ripropongono forme animali e dove un tempo si coltivavano le erbe medicinali utilizzate dai frati certosini per le preparazioni farmaceutiche. Salendo le scale entrerete nel gioiello di questa certosa: l’antica farmacia settecentesca.
L’edificio è diviso in tre ambienti: la sala d’aspetto con un soffitto ligneo dorato, arredi ottocenteschi e decorazioni. Queste ultime come nell’ingresso sono state effettuate dal pittore napoletano Filippo Balbi, che rappresentò a figura intera con trompe l’oeil Benedetto Ricciardi il monaco che nel 1857 fu responsabile della farmacia. Nature morte, animali e caricature di popolani.
La Sala della farmacia finemente decorata in stile pompeiano di Giacomo Monaco, conserva ancora nelle vetrine i grandi vasi da farmacia, e nella stanza vicino si trovano gli armadi con le scatole contenenti le erbe utilizzate per i farmaci.
Uscendo dall’edificio e scendendo sul viale si arriva alla grande corte, al cui centro si trova una fontana settecentesca, e su cui si affacciano la chiesa di S. Bartolomeo, l’edificio del refettorio e del chiostro ed il palazzo di Innocenzo III, l’antica foresteria oggi biblioteca nazionale che ospita più di 25.000 volumi ( questa però non è visitabile).
La chiesa ha una facciata rinnovata a fine 700. Nell’interno troviamo 3 cappelle laterali con soffitti decorati e la navata centrale divisa in due dall’iconostasi per separare la zona riservata ai padri ed ai conversi. Bellissimi i due cori lignei che circondano la navata, uno della metà del ‘500 l’altro del 1688. La volta è stata dipinta dal napoletano Giuseppe Caci. Importante è la rappresentazione in alto a destra del massacro dei certosini a Londra opera sempre del Balbi.
Uscendo dalla chiesa da una porta si accede al presepe permanente (vedendolo capirete perché non viene smontato ogni anno). Bellissimo per gli manti del genere.
Proseguendo si arriva all’edificio dove troviamo la sala del refettorio, con un grande dipinto murale sulla volta, ed il chiostro su cui affacciano le porte delle celle dei frati (tutte chiuse e non visitabili). Per finire affacciatevi alla terrazza per una splendida vista sulla valle.
Buona visita.

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